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Immagine del redattoreAdele D'Angelo

L'esperienza della Didattica a Distanza nel pieno della pandemia.

Sono l’animatore digitale di un istituto che conta circa il 20% di studenti stranieri (Tot. Iscritti: n. 677, di cui stranieri n. 138)

Una scuola di frontiera, come si suol dire. Qui si fanno i conti tutti i giorni con ogni genere di disagio: umano, culturale, economico, familiare. Molto spesso la scuola rappresenta, per i nostri giovani studenti, l’unico contatto con la società civile. Ci sono ragazzini che fanno chilometri a piedi, la mattina, per arrivare a scuola. Altri che, sistematicamente, entrano in ritardo. Nei corridoi è un continuo brulicare di alunni che chiedono di uscire dall’aula, per qualsivoglia motivo. Purtroppo, più di una volta, è stato necessario chiamare le forze dell’ordine, per sanare litigi tra coetanei. Qui, la parola d’ordine è didattica certo, ma innanzitutto si insegnano le regole del viver civile. Certamente il colore della pelle, l’etnia, gli accenti e le lingue, si mescolano senza soluzione di continuità, così come le culture e le abitudini. I docenti tutti hanno ben presente che, il più delle volte, non serve chiedere aiuto alle famiglie per stimolare l’alunno ad avere comportamenti migliori, perché le famiglie sono per lo più assenti e moltissimi sono in case famiglia.

Ebbene, in questo scenario, durante questa quarantena forzata, il nostro istituto sta dando prova di quanto la scuola rappresenti davvero un riferimento per questi ragazzi e le loro famiglie. Un punto fermo al quale aggrapparsi, in barba ad ogni previsione. E’ stata tra le prime ad organizzare video lezioni su piattaforme conformi alle indicazioni ministeriali. Dal 9 marzo in poi, all’indomani del DPCM dell’8 marzo, i docenti erano già riuniti davanti agli schermi, per organizzare gli appuntamenti con gli allievi. Chi era meno avvezzo alle tecnologie, non si è tirato indietro. Un mutuo scambio, un incoraggiamento reciproco, una squadra che ha saputo ascoltare l’urgenza del momento. Attraverso un tam tam di messaggi, telefonate e whatsapp, nel giro di pochissimi giorni, erano tutti pronti. Devo dire che, in qualità di animatore digitale, ho fatto i salti mortali, lavorando giorno e notte, per “connettere” tutti. Video tutorial e video messaggi per avviare i meno pratici nel meraviglioso mondo del digitale. Ed eccoci qui, lunedì 16 marzo, tutti emozionati, alla prima video lezione. I ragazzi si sono fatti trovare tutti puntuali! Una gioia immensa. I docenti hanno impartito poche regole, per facilitare la conversazione attraverso lo schermo: puntuali con la connessione all’orario concordato, video camere e microfoni accesi per il buongiorno ma, nel corso della lezione, la regola era silenziare i microfoni… i sottofondi del normale rumore domestico, avrebbero potuto disturbare la lezione. Non è mai avvenuto! Non immaginiamo di certo una lezione come quelle in presenza, qui sta funzionando il metodo della flipped classroom (la classe capovolta): il docente invita i ragazzi a leggere un testo magari, in autonomia e, durante il collegamento, si ragiona insieme, si commenta, la discussione si apre… il processo di apprendimento è innescato. Alla base c’è sicuramente una rinnovata empatia e una formazione (dei docenti) che sta dando i suoi frutti.

L’ambiente domestico si configura quasi come un confessionale: i ragazzi riescono a tirar fuori tutta la curiosità, la leggerezza ma anche la profondità delle loro riflessioni. Non c’è posto per la spavalderia, per la competizione forzata come quando si è in presenza. Il rapporto con il docente ha ritrovato una dimensione più intima che, non vuol dire, irrispettosa anzi! Il docente è lì, pronto a rispondere a curiosità, dubbi, perplessità di qualunque genere, durante e fuori il consueto orario di lezione. La conferma di tutto questo è arrivata quando, i ragazzi stessi, hanno chiesto di “far lezione” anche di sabato pomeriggio. E allora si, sta funzionando! I telefonini che tanto distraevano gli alunni quando cercavano virtualmente di allontanarsi dalle lezioni, oggi vengono usati da loro stessi, volontariamente, per entrare in classe!

Il digitale, tanto recriminato e bistrattato, sta ritrovando il suo ruolo di facilitatore, di mediatore nelle relazioni umane… uso consapevole delle tecnologie, certo, non basta, ma si può e si deve partire senza dubbio da qui.

Come non considerare questa esperienza, un arricchimento, tanto più se avviene in un contesto così difficile, dove sicuramente, a spronare i ragazzi non ci sono stuoli di genitori professionisti agiati ma, al contrario, ahinoi, talvolta figure che anche per ristrettezze economiche, demonizzano l’uso prolungato dei device perché incide nel bilancio familiare. La scuola ha bisogno di recepire il messaggio, ha bisogno, evidentemente, di parlare anche in questa lingua, ha bisogno di rivedere le pratiche didattiche, ha bisogno di aggiornarsi, laddove emergenze come queste, rischiano di troncare di netto relazioni fondamentali, umane prima ancora che educative e disciplinari. Ovviamente, ha bisogno anche di far sì che tutti possano avere le medesime possibilità, solo allora il diritto allo studio, costituzionalmente riconosciuto, sarebbe davvero garantito a tutti in egual modo ma qui, nella mia scuola, ce la stiamo mettendo tutta. Anche grazie agli aiuti economici del Governo, abbiamo distribuito circa 50 device a chi ne ha fatto richiesta.

Una manciata di insegnanti ancora si lascia prendere dallo scetticismo, dalle norme contrattuali che non prevedono questo genere di didattica ma, per fortuna sono davvero una piccolissima minoranza. E’ davvero un peccato, per loro ma, soprattutto, per quei bambini che potrebbero ritrovarsi la mattina e, invece…


Qui le testimonianze di alcuni docenti del mio istituto: https://www.youtube.com/watch?v=luKv5EWALvE






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